di Thomas Coccolini Haertl
APR, per i non addetti ai lavori è l’acronimo di Assaggiatori Parmigiano Reggiano. Un Team di esperti chiamati anche Parmelier (Sommelier del Parmigiano-Reggiano) nato nel 2006 per diffondere l’apprendimento dell’arte dell’assaggio da parte del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano che dal lontano 1928 tutela questa DOP emiliana nota al mondo come The King of Cheeses. Questo team di esperti che diviene tale dopo due livelli di studio con il Consorzio stesso, quindi un esame di abilitazione, si riunisce in Panel di assaggio che attraverso un’analisi sensoriale comparativa classificano i campioni numerati di formaggio e ne determinano la congruità e il giudizio qualitativo complessivo.
Oltre a queste attività specifiche, APR incontra il pubblico attraverso occasioni come è stata ad esempio la Masterclass Sensoriale organizzata in concomitanza con la rassegna dei Vignaioli Contrari di Spilamberto (MO); un evento particolare, non solo per la bella location della ex-Chiesa Santa Maria degli Angeli, ora auditorium e sala conferenze, ma anche per incontrare accostamenti degustativi con vini locali. Allo stesso tavolo si sono così ritrovati Luca Messori, Gianluca Bergianti, Francesco Gibellini e Giorgio Erioli in rappresentanza delle loro aziende vitivinicole, rispettivamente la reggiana Anna Beatrice, le modenesi Tenuta Pederzana e Terrevive e la bolognese Erioli Vini dalla Valsamoggia.
Titolo: Il Metodo Classico dei vitigni autoctoni incontra il Re dei Formaggi il Parmigiano Reggiano. Così è stato, grazie al metodico abbinamento di quattro stagionature di Parmigiano-Reggiano studiato da Fabio Giberti, Maestro Assaggiatore di Parmigiano Reggiano, assieme ai vignaioli, incontro moderato da Simone Balestri, Parmelier Assaggiatore APR.
Il primo abbinamento studiato è quello della Spergola in purezza Anna Beatrice Le Nebbie, millesimato 2021, sboccatura a febbraio 2024, non dosato, con un Parmigiano-Reggiano stagionato oltre 24 mesi del Caseificio Ugoletti di Vezzano sul Crostolo (RE). La longevità della stagionatura del Parmigiano-Reggiano si deve al suo ciclo di lavorazione completamente naturale, a partire dall’alimentazione delle vacche il cui latte è parte integrante della filiera Consorzio. Nel caseificio si procede alla cagliata del latte nelle apposite caldaie, unione di quello della sera parzialmente scremato in apposite vasche e di quello intero del mattino. Semplificando molto le procedure del ciclo produttivo, il formaggio va in salatura, poi passerà agli ambienti di stagionatura dove allo scadere del dodicesimo mese (età minima del Parmigiano-Reggiano per essere tale) sarà marchiato a fuoco sulla sua costa, ove già troneggia la ormai notissima e caratteristica scritta puntinata che reca appunto il riferimento alle due province, Parma e Reggio ove questo storico glorioso prodotto italiano è nato, sostanzialmente un millennio di anni addietro, con testimonianze certe a partire dal XIII secolo.
Dunque esistono delle affinità con il mondo del vino, in particolare con il Metodo Classico che prevede la sosta sui lieviti per un periodo ben determinato. Quando si incontrano spumanti con periodi lunghi sur lies se ne apprezza la complessità, così come si rende sempre più elegante e complesso l’insieme degli aromi, dei profumi che caratterizzano l’analisi olfattiva, poi al palato di un Parmigiano-Reggiano che in taluni particolari casi può persino -pensate- arrivare a una stagionatura di 120 mesi e oltre, leggasi 10 anni! Sostanzialmente il criterio di abbinamento potrà essere quello di individuare vini che seguano uno stesso proporzionato lungo cammino evolutivo temporale, proprio per sposare nel Parmigiano-Reggiano un bouquet ad ampio raggio e un gusto vibrante, decisamente sempre più orientato su note sapide, speziate e piccanti, con il moltiplicarsi degli anni di stagionatura.
Tutto questo grazie a un mercato che nei decenni ha visto articolarsi la domanda, sempre più preparata e alla ricerca di prodotti non solo naturali 100%, ma anche di nicchia, per palati raffinati o semplici curiosi evoluti. Un tempo ovviamente non era così. Per i nostri nonni le stagionature usuali erano quelle di un Parmigiano-Reggiano giovane o relativamente stagionato; si parla abitualmente dei 24 mesi e ancora oggi tante persone prediligono questa stagionatura. Ma proprio come è accaduto per il vino in cui le tecniche di vendemmia e cantina si sono perfezionate, come ad esempio la raccolta a mano senza rottura precoce degli acini e il controllo delle temperature in tutte le fasi di selezione e fermentazione, sempre rimanendo all’interno di una filiera virtuosa nel rispetto della naturalezza del prodotto, evitando processi di alterazione forzosa del mosto fiore, così nel Parmigiano-Reggiano, l’attentissima alimentazione dei bovini, il trasposto del latte dei conferitori e consorziati dalle stalle ai caseifici decisamente perfezionato nei tempi e nei mezzi rispetto ai decenni passati, poi anche in questo caso il controllo delle temperature e degli ambienti e la stagionatura in luoghi costantemente monitorati, hanno consentito di ampliare le tipologie di stagionatura sempre presenti, oltre i 30-36 mesi con l’identificazione di specifici bollini atti a certificare Parmigiano-Reggiano di 40 mesi, oppure 50, 60 e così via.
La ricerca degli abbinamenti con assaggi di Parmigiano-Reggiano oltre i 60 mesi può spingersi ad accostamenti persino con distillati come Armagnac o nostre grappe di lungo invecchiamento, oppure per contrapposizione con passiti di grande spessore per contrastare la sempre maggiore sapidità e piccantezza con la gentilezza degli zuccheri non svolti, rimasti ad ingentilire il nostro palato. È noto un altro abbinamento molto ricercato, con l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Reggio Emilia, il cui ciclo di vita arriva a essere lunghissimo, attraverso le numerose botti di una batteria di vari legni con la cosiddetta madre che può raggiungere e superare tranquillamente il mezzo secolo (ma ci sono produttori di Aceto Balsamico Tradizionale che vantano ancora una presenza seppure ovviamente minimale di una madre con più di un secolo di vita).
Dopo il primo abbinamento, certamente riuscito grazie alla relativa breve sosta sui lieviti del Metodo Classico Le Nebbie di Luca Messori -vino privo di solfiti aggiunti e chiarificazioni, come del resto tutti i piccoli produttori di Vignaioli Contrari, spumante che ha potuto contrastare la piacevole moderata “grassezza” di un Parmigiano-Reggiano di 24 mesi, pulendo elegantemente il palato con le sue sofficini bollicine- si è passati al Metodo Classico Bergianti Fine, Rosato di Lambrusco del 2020 con sboccatura a fine 2022. Monovitigno di Sorbara, questo spumante dal tipico colore rosa corallo è stato abbinato a un 30 mesi del Caseificio Quattro Madonne di Lesignana (MO). Per ritrovare un gemellaggio persino nell’ambiente, in questo abbinamento, possiamo dire che l’aria che respirano i lieviti autoctoni che entrano nel vino, caratterizza analogamente la flora batterica sana che entra nel ciclo vitale del Parmigiano-Reggiano, perché l’azienda agricola e il caseificio in questo caso si trovano a una distanza territoriale davvero minima; poco più di 10 minuti di auto.
Terzo abbinamento il Metodo Classico Punto Zero della Tenuta Pederzana di Castelvetro (MO), un non dosato da uve Grechetto Gentile e Trebbiano, sempre realizzato con criteri completamente naturali, sboccato in ottobre del 2023, pensato accostato da Fabio Giberti -che nel mentre ha sapientemente descritto e raccontato tutte le tipologie di Parmigiano-Reggiano presenti- in questo caso con un 40 mesi del Caseificio Castelnovese di Castelnovo Rangone (MO). Analogamente, come nel precedente accostamento, ci troviamo nello stesso territorio. Questo 40 mesi si fa ricordare, certamente un buon esempio di corretto rapporto fra dolcezza e sapidità al palato (cosa non sempre scontata per questa stagionatura).
Chiude la Masterclass un azzardo, vogliamo dire un estremismo? Sia per il Metodo Classico che per il Parmigiano Reggiano. Giorgio Erioli ci propone un inaspettato Metodo Classico da uve autoctone Alionza in prevalenza; siamo in Valsamoggia, area collinare bolognese ove si coltiva anche Albana e Trebbiano Romagnolo, poi uve rosse autoctone e internazionali. Inaspettato non solo per le uve, ma soprattutto per la sosta sui lieviti in un territorio come l’Emilia: 10 anni! Millesimo 2013, sboccatura 2023. La ricerca territoriale per il Parmigiano-Reggiano in questo caso sale un po’ di quota, fino alla prima fascia montana del capoluogo emiliano, poco oltre i 600 metri slm; entriamo nel Caseificio Santa Lucia di Rocca Roffeno, caratterizzato da un magazzino per la stagionatura ancora non climatizzato, in pratica come era una volta. E qui troviamo un Parmigiano-Reggiano di 99 mesi (!) con ancora un eccellente, equilibrato rapporto con le parti grasse per un formaggio realizzato solo con la vacca Bruna Alpina. Davvero un Parmigiano-Reggiano che non si fa così astringente come altri suoi simili di lunghissime stagionature. Certamente una conclusione di Masterclass che potremmo definire col botto! Il palato è davvero ricco, lungamente avvolto da sapori infinitamente persistenti, senza prevalenza dell’uno e dell’altro fra vino e formaggio, in un amalgama che fa anche un po’ sognare, rimanendo obiettivi nel poter dire che raramente ritroveremo situazioni analoghe.
Masterclass che ha visto il contributo diretto dei produttori, della loro esperienza, dei loro racconti fuori e dentro le bottiglie che giorno dopo giorno stanno sui lieviti, in attesa di essere piacevolmente stappate.
La rassegna Vignaioli Contrari di Spilamberto, giunta alla sua ottava edizione, raccoglie nella storica Rocca Rangoni, oltre 65 piccole aziende vitivinicole mosse dall’intento comune di lavorare la vigna e l’uva, poi il vino in modo completamente naturale, artigianale e autentico. Nel rispetto del territorio, dell’ambiente. Contrari semplicemente perché refrattari all’omologazione, alla standardizzazione del gusto e del vino.